Rita Botto e la Banda di Avola

Le origini della Banda di Avola si perdono nelle notti borboniche ma solo nel 1996 viene riformata grazie all’impegno del maestro Sebastiano Bell’Arte e da qualche anno rappresenta una delle realtà musicali più importanti e più originali della Sicilia, rivoluzionando il concetto di banda musicale. Se una volta le orchestre popolari avevano il ruolo di far conoscere a tutti quella musica che era privilegio solo di chi poteva permettersi un palco all’opera, grazie agli arrangiamenti per banda di tanti capolavori di Verdi, Rossini, Bellini e Mascagni, la Banda di Avola punta alla riscoperta e alla salvaguardia delle tradizioni popolari. «In repertorio abbiamo anche la Traviata, la Cavalleria Rusticana o composizioni per bande, come pure cantautori, jazz, ma grazie all’incontro con Roy Paci abbiamo capito l’importanza di restare legati alle nostre tradizioni. Con la Banda Ionica ho registrato un cd di marce funebri che mandavano in delirio gli spettatori ai concerti che abbiamo tenuto in Francia, Austria, Germania e nel Nord d’Italia».
Dall’incontro con l’eclettico trombettista di Augusta nel 2002 scaturì “’A banna”, prima impresa discografica della Banda di Avola. Poi sono venute le collaborazioni con Lello Analfino dei Tinturia, Giovanardi dei La Crus, Mirco Menna e altri artisti siciliani. Sino all’incontro con la “sacerdotessa” Rita Botto, custode delle più antiche radici popolari, con cui nel 2012 è nato una sorta di sodalizio. Insieme rielaborano dei brani della più antica tradizione siciliana e di Rosa Balistreri e si esibiscono in occasione della Notte di Giufà a Noto. Registrano il cd “Terra ca nun senti”, prodotto da Roy Tarrant per la casa discografica Recording Arts con dodici brani della tradizione siciliana. Un disco perfetto in cui si racconta l’incontro di due realtà importanti della musica siciliana: quella del suono di una banda, che caratterizza la festa popolare e la tradizione sacra e processionale, con le magnifiche corde vocali di Rita Botto, catanese doc erede di una cultura piena di fascino che non ha mai rinnegato il passato remoto della musica antica, né quello prossimo con le collaborazioni con Franco Battiato, Carmen Consoli, Lautari, Kaballà, Roy Paci. Superlativi, inoltre, sono il suo omaggio (rinnovato anche in questo lavoro) alla grandezza di Rosa Balistreri, voce stellare del folk isolano nonché le contaminazioni colte con la musica araba.
L’apertuta è di assoluta tradizione con “A virrinedda” (ripresa anche dalla Balistreri) e la celebre “Mi voto e mi rivotu” che ha l’eco del Rossini e del Mosè (“Dal tuo stellato soglio”) ma anche di tanta musica sacra e popolare che ha suggerito a Bellini pagine indimenticabili. Sono marcette (belle “Don Nuzzo” e “Fatti li fatti toj” del maestro Bell’’Arte e della stessa Botto) e filastrocche come “Me mugghieri unn’avi pila” e “Mamma vi l’aiu persu lu rispettu” della Balistreri che fanno il pieno con la superlativa “Terra can un senti” della quale viene offerta una magistrale versione ricca di lirismo e di melodramma che si riflette anche nella bellissima “Amuri Amuri”. In chiusura la classica “Cantu e cuntu” perfetta sintesi di un’arte immortale che tutti abbiamo il dovere di difendere e di non dimenticare.
Con questo disco, nel 2014, Rita Botto e la Banda di Avola vincono il Premio nazionale città di Loano per la musica tradizionale italiana. Uno spezzone del videoclip di “Cantu e cuntu”, una delle tracce dell’album, è stato inserito tra altri estratti video dei siciliani più illustri (Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Leonardo Sciascia, Ignazio Buttitta, Franco e Ciccio, Peppino Impastato, Rosa Balistreri, Giuseppe Tornatore), in un video show che rappresenta la bellezza della Sicilia e lanciato nella stratosfera a oltre 30.000 km di altezza.

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2022 | 13ª Edizione, Europa, Italia, Sicilia